Diritti, salute, lavoro: da tempo il concetto di sicurezza non è più collegato a questi termini ma associato automaticamente alla possibilità di essere vittima di comportamenti criminali che si combattono con il ricorso massiccio alla giustizia penale, dimenticando qualsiasi tema sociale: è la deriva securitaria che trasforma le persone da cittadini a potenziali vittime. Di questi temi si occupa la giurista Tamar Pitch, ordinaria di filosofia e sociologia del diritto all’Università di Perugia “la sicurezza oggi è diventata l’idea che si debba fare in modo che si abbassi il tasso di vittimizzazione individuale rispetto alla criminalità di strada. Il fulcro è questo, e questo è da tempo al centro dei diversi pacchetti sicurezza, quello che deve essere approvato è uno dei peggiori, con uno spaventoso aumento sia della repressione con ricorso alla giustizia penale, sia della repressione amministrativa. Questo continuo ricorso alla giustizia penale come soluzione a tutti i problemi è spesso parte dell’accrescimento dei problemi che si vorrebbe risolvere. Non è una novità, è un percorso che parte da lontano, dallo spostamento degli investimenti dalle politiche sociali alla repressione.” L’incremento del ricorso alle politiche repressive riguarda anche una parte del movimento femminista, Pitch parla di femminismo punitivo in relazione “a quella parte dei movimenti femministi che chiede l’innalzamento delle pene per reati già esistenti o l’introduzione di nuovi reati, come la gestazione per altri o l’utilizzo di lavoro sessuale, in nome della tutela delle donne. Questi movimenti che agiscono secondo un comune senso securitario parlano con la voce di altre donne, pretendendo di silenziare chi volontariamente vuole fare la gestazione per altri o vendere servizi sessuali.” Pitch non crede siano possibili politiche democratiche per la sicurezza “ritengo invece possibile che lavorare sulla sicurezza sociale produca una maggiore sicurezza anche urbana, con maggiori eguaglianza e risorse economiche per tutte e tutti. La sterilizzazione dei territori, con le strade pulite e le emarginazioni nascoste, cacciando i mendicanti, le prostitute, i migranti, non produce maggiore sicurezza per i cittadini, soprattutto per le donne che rischiano di più tra le mura domestiche che fuori.” Pitch approfondisce anche il concetto di paradigma vittimario con “l’emergere di autoassunzione dello status di vittime per venire riconosciuti come interlocutori politici. Non si ha una voce a meno che non ci si definisca vittima, questo produce una visione di società piatta e orizzontale che ignora le disuguaglianze, divisa non tra sfruttati e sfruttatori ma tra vittime e criminali, in cui si confrontano buoni e cattivi, cattivi che vanno annientati a colpi di dispositivi penali.”