COMMENTO

Care lettrici, cari lettori,

Nicole Dominique Steiner
il balcone sul lato sud-est, che dà sulla strada. Molto piccolo, largo poco più di un metro e lungo forse due. Questa è stata la nostra finestra sul mondo per due mesi. Gli appartamenti in centro città, al terzo piano, raramente dispongono di un giardino. E avere un giardino nei mesi di febbraio e marzo valeva quanto un terno al lotto! Il mio secondo balcone, un po' più grande, ma lato nord, era ancora troppo freddo durante i mesi del lockdown. Così ci restava il rifugio del piccolo balcone. A volte ci stavamo seduti anche in tre, stretti come le sardine. Aria fresca, un'illusione di "fuori". Su questo balcone abbiamo salutato i nostri vicini, cantato e suonato la chitarra. Osservato la strada vuota. E abbiamo applaudito il personale dell'ospedale, finchè le nostre mani non ci hanno fatto male. Un piccolo gesto per grandi azioni. Certo, medici e infermieri continuavano a ribadire: "No, non siamo eroi". E probabilmente avevano ragione. Non eroi. Erano molto di più! Erano persone comuni che si vedevano catapultate da un giorno all'altro in una situazione di emergenza senza precedenti, eppure continuavano il loro lavoro quotidiano con la stessa serietà, la stessa cura, la stessa competenza. In circostanze che nessuno prima avrebbe mai ritenuto possibili. Con mascherina, guanti doppi, abbigliamento speciale, misure igieniche estreme. O anche, almeno all'inizio, con misure di protezione inadeguate e improvvisate. Meno personale, meno spazio, grande stress e certamente anche, almeno in alcuni momenti, con sconforto e paura. Paura per se stessi, per i propri cari, per i pazienti, per il futuro. Come tutti noi. Grazie a loro è stato evitato il peggio. Rischiavano giorno dopo giorno e molti di loro si sono ammalati. Circa 30.000 in tutta Italia. Troppi di loro sono morti. Il Covid-19 lascerà il segno. Nel cuore e nella mente delle persone, nella società. Non solo in Lombardia, in città come Bergamo o Milano, che hanno pagato il prezzo più alto. Anche in Alto Adige. Nessuno sa cosa succederà in autunno. Una nuova ondata di infezioni? Una crisi economica senza precedenti? Il post-Covid sarà decisamente diverso dal pre-Covid. Appena finito il lockdown non c’era più alcun dubbio su questo fatto. Precauzioni, distanziamento sociale, perdita di fiducia, lutto…
Anche l’Assistenza Tumori Alto Adige deve fare i conti con il virus. Niente “Rosa per la vita”. Nessun evento di beneficenza. Meno donazioni. Tuttavia l'ATAA ha deciso di far uscire lo stesso la Chance, con un po’ di ritardo, leggermente ridotta, ma un segno di vicinanza ai soci. Un omaggio agli ospedali, ai medici e al personale infermieristico dell'Alto Adige. GRAZIE. E un segno di continuità. Un segno di speranza...
Nicole Dominique Steiner

ATTUALE

Mascherina e tampone, tampone, tampone

Dr. Manfred Mitterer, Primario del Dayhospital Centrale di Medicina Interna di Merano - Studio scientifico
"Abbiamo testato ogni paziente adottando una prassi che ha superato di gran lunga gli standard abituali per l'Alto Adige". E il fatto che solo cinque pazienti sui mille testati in tre mesi nel suo reparto abbiano dovuto interrompere la terapia a causa dell’infezione, e questo nonostante la fase acuta della pandemia di Coronavirus, conferma la bontà della decisione del primario Manfred Mitterer.
Con il sostegno della direzione del distretto sanitario, il Dr. Manfred Mitterer è riuscito a mantenere il suo reparto funzionante e, soprattutto, libero dal Covid-19. La ricetta per questo: un perfetto triage aggiuntivo, che ha rigorosamente regolato l'accesso al reparto, mascherine, igiene, e tamponi, tamponi, tamponi. Per i pazienti e per il personale. L'esperienza positiva della gestione del Coronavirus nel Day Hospital si è trasformata in un articolo scientifico, che è stato pubblicato sulla rivista della European Oncological Society e che, ne è convinto il Primario Manfred Mitterer, sarà citata tante volte. La prima edizione dello studio ha preso in considerazione il periodo dal 15 marzo al 9 aprile 2020 e i dati di 250 pazienti, una seconda edizione a maggio si è basata su un migliaio di pazienti."Abbiamo avuto quasi due settimane a disposizione per prepararci, imparando dalle esperienze e dalle notizie che ci giungevano ogni giorno dalla Lombardia. Dovevamo reagire rapidamente, elaborare piani di emergenza e agire”, ricorda il primario. Certo è stata una corsa contro il tempo. Era infatti più che evidente, che solo grazie a decisioni rapide e non burocratiche il suo team sarebbe stato in grado di gestire al meglio gli effetti della pandemia a beneficio dei pazienti, permettendo loro di poter continuare le terapie. “Questo si è visto anche in Germania”, ribadisce il Dr. Mitterer. “I tedeschi sono riusciti a preparare in anticipo gli ospedali per l'emergenza, riorganizzando i reparti, e questo ancor prima che il numero di persone infette cominciasse ad aumentare.”
All’ingresso del Day Hospital erano stati posizionati due infermieri, che hanno controllato ogni ingresso e sottoposto ogni persona ad un dettagliato questionario, dalla cui valutazione è stata fatta dipendere l'ammissione al reparto. Questo è stato fatto anche se l'accesso all'ospedale era già stato controllato nella tenda triage all'ingresso. Va detto, che anche se l’Alto Adige è una provincia piccola, non è stato possibile stabilire una procedura d’accesso uniforme in tutti i distretti.
Quando Mitterer guarda indietro ai mesi del lockdown, sente di nuovo addosso la tensione e la stanchezza di quei giorni. Ognuno dei suoi collaboratori, sottolinea il Primario, ha dato il meglio di sé nella sua area specifica. "Abbiamo potuto imparare molto dalla pandemia!” Più di ogni altra cosa, il Dr. Mitterer è convinto che sia stato l’uso della mascherina a contenere l'infezione. E, dove possibile, il mantenimento della giusta distanza. "Più ancora dei guanti. Starnuti, colpi di tosse ed il semplice aerosol che si crea parlando, sono molto più pericolosi del contatto con la pelle". Questo fatto non è stato preso molto sul serio all'inizio della pandemia e alcuni esperti lo hanno addirittura messo in discussione. Certo, per il personale e anche per i pazienti è risultato a volte estremamente faticoso dover indossare una mascherina tutto il giorno. Per capire questo, non bisogna solo ricordare le piaghe sui volti del personale ospedaliero lombardo. La respirazione diventa faticosa portando a lungo una mascherina, soprattutto se si tratta di una FFP2. Mal di testa, mucose secche, difficoltà respiratorie sono solo alcuni degli effetti collaterali.
Il Prof. Mitterer attende con preoccupazione la primavera del 2021: "Non per quanto riguarda i nostri pazienti", ma bisogna guardare anche altrove. Alcuni reparti di oncologia in Italia sono rimasti chiusi per due o anche tre mesi. "Hanno portato avanti solo le terapie più urgenti. Se una terapia oncologica viene sospesa per un periodo di tempo così lungo, le conseguenze sono prevedibili... I tassi di ricaduta aumenteranno notevolmente!" Il Primario teme anche una seconda ondata della pandemia? "Il virus è sempre in circolazione, dobbiamo fare tesoro di quanto abbiamo imparato e agire di conseguenza e, soprattutto, rapidamente. Lo studio scientifico da noi pubblicato dimostra che funziona!"
Lo studio scientifico
"Tasso di infezione e gestione clinica dei pazienti oncologici durante la pandemia Covid-19: esperienze di un ospedale di cura terziaria nel Nord Italia"è il titolo di uno studio di sei pagine pubblicato sulla rivista online ESMO Open - Cancer Horizons il 10 giugno 2020.
Risultato
Sebbene gli autori dello studio, Dominic Fong, Simon Rauch, Christian Petter, Eva Haspinger, Monika Alber e Manfred Mitterer, mostrino chiaramente una maggiore prevalenza di Covid-19 nei pazienti affetti da cancro, essi illustrano anche che l'infezione da Covid non è una controindicazione per la continuazione del trattamento.
Dei cinque pazienti positivi (riscontrati fino a maggio) del Day Hospital, solo uno è risultato sintomatico. Questo paziente è morto durante l'infezione da Covid-19, ma non a causa del virus, bensì per il suo avanzato cancro metastatico.
Per la pratica clinica questo significa che è fattibile una continuazione sicura della terapia oncologica nelle aree epidemiche durante la pandemia Covid-19, a condizione che vengano adottate misure preventive di controllo dell'infezione tempestive, coerenti e vigorose.
I dati
Lo studio ha confrontato i dati dei pazienti del Day Hospital Centrale di Medicina Interna di Merano, inizialmente in un intervallo di tempo che va dal 15 marzo al 9 aprile 2020, periodo in cui sono state effettuate 1.541 visite a 219 pazienti oncologici, che hanno ricevuto una terapia endovenosa. Tra questi, 156 avevano un tumore maligno solido (49 un tumore al seno, 23 un tumore ai polmoni, 18 un tumore al colon). L'età media dei pazienti era di 67 anni. Più della metà dei 219 pazienti esaminati mostrava almeno una co-morbilità. 81 pazienti hanno ricevuto la chemioterapia convenzionale, 48 l'immunoterapia e 38 una combinazione di entrambe le terapie. 31 pazienti hanno ricevuto la terapia in forma orale, 13 sono stati sottoposti a trattamento anti-ormonale.
Fino all'inizio di aprile, solo quattro pazienti del Day Hospital sono risultati positivi al tampone, ovvero l’1,8% dei pazienti esaminati. Nello stesso periodo nel distretto sanitario di Merano, tra le persone sottoposte a tampone, il tasso di infezione nei pazienti sintomatici o nei loro parenti è risultato del 6,9%. Non solo tutti i pazienti, ma anche l'intero staff del reparto è stato regolarmente sottoposto a tampone: nove medici, 23 infermieri, due tecnici e due segretarie. Secondo il Dr. Mitterer, l'importanza di tali studi e di rapporti sul campo basati su cifre e valutazioni scientifiche è dimostrata anche dal fatto che il Dipartimento di Oncologia dell'AKH di Vienna presenterà uno studio esattamente di questo tipo.