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Il futuro è già oggi

Hightech per combattere il cancro – Radioterapia con tre acceleratori lineari
Una notevole riduzione dei tempi – a volte da 25 a 5 giorni per il cancro rettale, da una trentina a venti o meno giorni per il cancro al seno. Maggiore precisione, meno effetti collaterali e riconoscimento biometrico del paziente. Questi sono i vantaggi della modernissima tecnologia di radiazione stereotassica frazionata. A metà maggio il Servizio di Radioterapia dell’Azienda Sanitaria Alto Adige ha messo in funzione un terzo acceleratore lineare di ultima generazione presso la Clinica Bonvicini di Bolzano. Allo stesso tempo è stato installato uno scanner per il riconoscimento biometrico.
Si tratta del primo acceleratore in Italia dotato di un sistema di posizionamento a precisione sub-millimetrica e di monitoraggio del paziente durante il trattamento. Il nuovo acceleratore lineare completa così l'attrezzatura già altamente tecnologica del Servizio di Radioterapia oncologica del Servizio Sanitario dell'Alto Adige. Gli attuali tre acceleratori lineari di ultima generazione lavorano con sempre più alta precisione, permettendo nello stesso momento di ridurre significativamente i tempi di irradiazione. Questo significa un'offerta ancora più completa per i pazienti oncologici nella lotta contro il cancro.
I tre acceleratori lineari sono stati messi in funzione, nel 2014, nel 2016 e appunto nel maggio 2021, sostituendo le vecchie attrezzature. "Un altro vantaggio", dice il primario Martin Maffei, "è che questi dispositivi sono tutti intercambiabili." Questo significa che i pazienti in caso di guasto o di manutenzione non rischiano più di perdere delle sedute. Queste macchine high tech sono infatti molto complesse e richiedono intervalli regolari di manutenzione programmata, ognuna delle quali comporta un tempo di inattività di qualche ora o addirittura di un giorno interno.
Gli acceleratori lineari di ultima generazione permettono un imaging preciso prima di ogni seduta. Grazie a questa precisione può essere utilizzata una dose più alta di radiazioni, senza correre il rischio di danneggiare il tessuto circostante. Non solo la terapia è più veloce, ma anche più mirata ed efficace.
“Nonostante le numerose difficoltà legate al Covid, durante il periodo di lockdown siamo riusciti a garantire il trattamento radiante a tutti i pazienti oncologici, e questo grazie all’impegno e alla disponibilità di tutto il team di reparto” ci tiene a sottolineare il primario Martin Maffei. E non solo. Il servizio di radioterapia durante il lockdown ha aumentato i trattamenti di radiazione stereotassica frazionata, al fine di ridurre i tempi di radiazione e quindi di prevenire il rischio di infezione. "Inoltre abbiamo anche eseguito più interventi di radiochirurgia per rimuovere le metastasi, contribuendo ad allentare la pressione sul reparto di chirurgia."
Il Dr. Maffei definisce la radiochirurgia “un metodo elegante”. In futuro diventerà sempre più la prima scelta per la rimozione di linfonodi isolati, metastasi nel cervello, nei polmoni e nel fegato, ma anche per i primi stadi del tumore al fegato e ai polmoni. La radiochirurgia diventerà quindi sempre di più un’alternativa non invasiva alla chirurgia tradizionale.
Uno degli acceleratori è in funzione tutti i giorni fino alle ore 20 per ridurre al minimo i tempi di attesa dei pazienti. A lungo termine, tuttavia, un'ulteriore espansione in termini di tempo è inevitabile, sottolinea il primario. È già in preparazione il progetto per l'acquisto di un’ulteriore macchina: un dispositivo che in aggiunta alle radiazioni offrirà anche la risonanza magnetica. "In questo modo saranno visibili i tessuti molli e il dispositivo potrà lavorare in modo ancora più preciso, adattandosi giorno per giorno agli effettivi risultati del trattamento.
Lo sviluppo demografico dell’Alto Adige comporta un prevedibile aumento delle malattie tumorali nei prossimi anni, si parla di un 16% entro il 2025, con questo aumenterà anche la richiesta di radioterapia.
Nell'area d'ingresso delle sale di trattamento, uno scanner identificherà presto ogni paziente sulla base del riconoscimento facciale biometrico. Quando il paziente entrerà nella sala d'attesa, il medico e il tecnico saranno simultaneamente informati del suo arrivo. Le macchine poi non si accendono fino a quando un altro scanner non riconosce il paziente e quindi il suo programma individuale di radiazioni. "Questa sicurezza è di fondamentale importanza quando si lavora con dosi molto alte di radiazioni", sottolinea il Dr. Maffei.
Tutte e tre le apparecchiature a disposizione del servizio sono dotate di un sistema per l’irradiazione sotto controllo dei movimenti respiratori (breath hold), rilevati in tempo reale. Questo sistema è particolarmente indicato per il trattamento radiante dei carcinomi mammari, perché protegge ulteriormente il cuore, soprattutto in caso di contemporanea chemioterapia o immunoterapia.
Nello stesso tempo è stato installato un nuovo sistema per il posizionamento dei pazienti, in questa combinazione è il primo in Italia. Permette una precisione sub-millimetrica di posizionamento e di monitoraggio continuo durante il trattamento radioterapico. Quanto più precisamente i raggi possono essere programmati, tanto più delicato, più breve e allo stesso tempo più efficiente è il trattamento.
Spiega il Dr. Martin Maffei: "Il sistema di posizionamento del paziente migliora ulteriormente la qualità della radiochirurgia e dell'irradiazione stereotassica frazionata. Nel prossimo futuro l'intelligenza artificiale troverà la sua strada anche nella radioterapia, ma tuttavia è essenziale investire in medici, tecnici, fisici e personale infermieristico. Proprio perché la radioterapia è una disciplina così tecnica, è indispensabile l’approccio empatico al paziente". Il radio-oncologo deve preparare il paziente in modo empatico al trattamento di radioterapia più consono a lui. "Il paziente non deve mai aver la sensazione di trovarsi da solo di fronte ad una macchina". La radioterapia, sottolinea il Dr. Maffei, è sempre un lavoro di squadra tra medici, radiotecnici, fisici medici e infermieri. Il team della radioterapia è composto da 40 persone: con il primario, ci sono nove medici specialisti, tre fisici, 13 tecnici di radiologia, cinque infermieri, tre segretarie e un operatore socio sanitario.
Prima della pandemia il Servizio di Radioterapia della Clinica Bonvicini offriva ai suoi pazienti un programma complementare destinato al loro benessere psico-fisico: corsi di terapia del movimento e di pittura per esempio. Questa offerta verrà ripresa appena possibile. I pazienti si sentono a loro agio nell'atmosfera amichevole del reparto, basata sul contatto personale.
I radio-oncologi altamente qualificati, sottolinea il primario, hanno una visione olistica della terapia del cancro, fanno parte del tumor-board e sono coinvolti in tutte le decisioni riguardo alla terapia. “La radioterapia in alcuni casi può anche sostituire il trattamento chirurgico e chemioterapico, ed è già usata in quattro pazienti su dieci. Un vero pilastro della terapia antitumorale e finanziariamente conveniente.” Il Servizio di Radioterapia della Clinica Bonvicini tratta attualmente tra 80 e 100 pazienti al giorno. Circa la metà in modo curativo, l'altra metà in modo palliativo. La radioterapia è anche usata nella gestione del dolore. Nell'ambito dell'Euregio, il servizio di radioterapia lavora in stretta collaborazione con il Dipartimento di Radioterapia dell'Ospedale Universitario di Innsbruck e il dipartimento di protonterapia di Trento. Attualmente il 90% dei cittadini altoatesini che necessitano di radioterapia può essere trattato a Bolzano.
La radioterapia stereotassica frazionata permette una radiazione precisissima, la terapia è più mirata e i tempi si riducono
L'ingresso del Servizio di Radioterapia alla Clinica Bonvicini di Bolzano

ATTUALE

Anche se un farmaco non è ancora approvato...

... può già essere somministrato. Uso compassionevole nel reparto di Ginecologia a Bressanone
Una donna su otto svilupperà un cancro al seno nel corso della sua vita. Le possibilità di guarigione sono oltre l'81% e con una diagnosi precoce addirittura intorno al 90%. Una malattia quindi che ha perso molto del suo carico di orrore. Alcune pazienti, tuttavia, non possono guarire del tutto. Questo però non significa più una condanna a morte, la malattia si cronicizza, la paziente resta in terapia, godendo di una buona qualità di vita. Per tutta la vita. La medicina ha fatto enormi progressi, soprattutto nell'ultimo decennio. Un nuovo farmaco, molto promettente nella terapia di una specifica tipologia di cancro al seno, sarà approvato in Italia alla fine dell'anno.
Il reparto di Ginecologia di Bressanone lo sta già utilizzando su una paziente, primo ospedale in Alto Adige a farlo. Per inserirsi in un tale programma ci vogliono convinzione, tenacia e molta resistenza. Qualità che la dottoressa Yvonne Fauster possiede in abbondanza, in aggiunta alla sua competenza di medico. "Sono orgogliosa del fatto che siamo riusciti a poter già utilizzare il farmaco. Orgogliosa come se avessi scalato l'Everest. È stata una procedura che ha richiesto molto tempo, una quantità enorme di burocrazia!"
Il farmaco, il primo in assoluto sviluppato contro una specifica mutazione, la PIK3CA, HR-positivo, HER2-negativo in pazienti in post-menopausa, in Italia è ancora in fase di approvazione. È già stato approvato dalle agenzie del farmaco americana ed europea, FDA ed EMA. Uno studio condotto su più di 500 pazienti, SOLAR 1, è stato in grado di dimostrare il vantaggio di questo farmaco utilizzato in combinazione con la terapia ormonale convenzionale. “Lo studio clinico è stato completato e i risultati sono disponibili. Non si tratta quindi di una sperimentazione. Noi siamo convinti dei benefici di questo nuovo farmaco e volevamo poterlo già utilizzare sulle pazienti che possono trarne benefici”, spiega la dott.ssa Fauster. “L'azienda sanitaria ci ha sostenuto nel nostro progetto, e così siamo riusciti ad ottenere il farmaco attraverso una procedura che nel gergo tecnico si chiama compassionate use – uso compassionevole".
L'Agenzia Europea del Farmaco (EMA) lo definisce come segue: "L'uso compassionevole è un'opzione di trattamento che permette l'uso di un farmaco non approvato. A certe condizioni, i medicinali in fase di sviluppo possono essere messi a disposizione di gruppi di pazienti che soffrono di una malattia per la quale non esistono terapie autorizzate soddisfacenti e che sono esclusi da studi clinici". Questo a condizione che i pazienti in questione siano sotto stretto controllo medico. Molti paesi europei hanno regolamenti speciali nelle loro leggi sui farmaci, che rendono possibile questa prestazione anticipata. Dal 2006 un decreto ministeriale corrispondente è in vigore anche in Italia. Secondo questo decreto i medici che sono interessati all’utilizzo di un tale farmaco devono contattare direttamente la rispettiva casa farmaceutica, in accordo con il Ministero della Salute e l'Agenzia Nazionale del Farmaco. Il farmaco deve essere fornito gratuitamente per questo uso specifico.
Lo sforzo a livello burocratico è stato imponente, ma alla fine, visto il risultato, ne è valsa la pena. Edith Wolf di Bolzano è la prima paziente in Alto Adige ad essere trattata con questo nuovo farmaco. Ma andiamo con ordine. Nel 2018 a Edith Wolf è stato diagnosticato un cancro al seno all'età di 75 anni. La diagnosi di carcinoma mammario avanzato positivo ai recettori ormonali di tipo PIK3Ca, HER2 negativo, è stata seguita da chirurgia, radioterapia e terapia anti-ormonale. Ciononostante la malattia non arretrava. Sono state diagnosticate metastasi nei polmoni, che non sono operabili. La chemioterapia non sembra ancora indicata in presenza di opzioni di terapia più efficienti e con meno effetti collaterali. L'effetto del farmaco, che non è ancora stato approvato e viene somministrato quotidianamente sotto forma di compresse, si basa sull'inibizione dell'enzima specifico PIK3Ca. Secondo la dottoressa Yvonne Fauster questo permette alla terapia ormonale, che viene somministrata alla paziente una volta al mese tramite iniezione, di avere un effetto più efficace e rallentare significativamente la crescita del tumore.
E gli effetti collaterali? "Naturalmente, la terapia immunologica ha anche effetti collaterali", sottolinea l'onco-ginecologa. "Ma durante l'immunoterapia l'organismo della paziente si abitua al farmaco entro otto-dodici settimane, gli effetti collaterali si attenuano". La chemioterapia invece è diversa. dott.ssa Fauster: "Gli effetti collaterali di solito si sommano, e le condizioni della paziente possono peggiorare sempre di più".
Gli effetti collaterali del nuovo farmaco sono gestibili. Ci può essere un aumento del glucosio nel sangue, quindi si consiglia alla paziente di misurare regolarmente la glicemia a casa e di farla controllare una volta al mese in ospedale. Altri effetti collaterali che possono manifestarsi riguardano la pelle o le mucose, possibili anche stati di anemia o un peggioramento della funzione renale. Edith Wolf ha dovuto lottare nelle prime settimane con dolorose afte in bocca e con ragadi ai polpastrelli, ma passato il periodo di adattamento iniziale questi effetti collaterali sono diminuiti. Le sue condizioni generali sono buone. Deve venire all'ospedale di Bressanone solo una volta al mese per le analisi del sangue e per la somministrazione dell'iniezione ormonale.
La dottoressa Yvonne Fauster fa parte dell’equipe del reparto di Ginecologia di Bressanone da poco meno di un anno. In precedenza, dopo aver completato la sua formazione specialistica nel 2010, l'altoatesina ha lavorato prima come specialista e dal 2013 come aiuto in un ospedale del Baden-Württemberg, principalmente nel campo della senologia. Ha iniziato la sua formazione in un ospedale bavarese. In Germania, dice la dottoressa Fauster, si ricorre più spesso alla modalità dell'uso compassionevole ed è più facile da gestire. "Di solito si gestisce direttamente tramite le compagnie di assicurazione sanitaria. In Italia bisogna conoscere le scappatoie burocratiche e prendere contatti con le case farmaceutiche, che hanno programmi specifici per questo tipo di farmaci."
Insieme alla primaria Sonia Prader, che l'ha sostenuta negli sforzi per rendere disponibile il farmaco, la dottoressa Fauster è convinta che il futuro della terapia oncologica sia una cura farmacologica fatta su misura e adattata alle caratteristiche specifiche del tumore e della paziente. "La terapia individualizzata va nella direzione dell'eliminazione della chemioterapia e comporta un aumento notevole della qualità della vita delle pazienti. Il cancro al seno è un mosaico fatto di moltissimi pezzi: più specificamente possiamo rispondere ad esso, maggiore sarà il successo terapeutico!" Aggiunge la primaria Sonia Prader: "Stiamo per entrare in un altro programma di uso compassionevole per il cancro ovarico. Le nostre pazienti sono grate per questa opportunità in più, la sensazione di avere in mano una carta in più da giocare dà loro una notevole spinta e coraggio per continuare a lottare. E per noi come medici curanti, questo da solo vale ogni sforzo!"
Dott.ssa Yvonne Fauster