Attuale
Non solo parole
Rita Ploner e la sua esperienza nell’ambito di “malati per malati“
Il direttivo del circondario Val Isarco; la terza a sx. è Rita Ploner.
Se potesse cambierebbe due cose Rita Ploner, una delle prime socie del circondario della Val Isarco a mettersi a disposizione per la rete “malati per malati“, non avrebbe dubbi: contatti diretti al posto dei contatti telefonici e l’organizzazione di un corso di preparazione per i partecipanti.
Certamente non le manca l’empatia e nemmeno l’esperienza. La maestra d’asilo di Laion preferirebbe lo stesso avere a disposizione una base di conoscenze psicologiche per poter meglio aiutare le persone che si rivolgono a questo servizio nuovo dell’Assistenza Tumori. Rita Ploner, 48 anni, ha vissuto l’esperienza del tumore cinque anni fa. Un tumore alla mammella, due figlie, Mirijam e Ines che all’epoca avevano 12 e 11 anni.
L’operazione, la chemioterapia, le paure, le speranze, i dubbi, la disperazione, l’euforia e il panico, fatica senza fine e combattività. Rita conosce tutto questo per averlo vissuto in prima persona. Il primo giorno di lavoro dopo la malattia, i capelli ancora cortissimi dalla chemioterapia, il marito ha lasciato casa e famiglia. Il matrimonio non ha retto allo stress causato dalla malattia. Rita Ploner, ancora debole, insicura, segnata dalla malattia da un giorno all’altro si è trovata da sola.
Da subito, da quando ha saputo della diagnosi è stata molto franca con loro, raccontando tutto e rendendole partecipi di tutto. “Oggi so che molto probabilmente era troppo per loro”, dice Rita. Se potesse fermare il tempo, se potesse tornare indietro oggi chiederebbe un aiuto psicologico, non solo per sé, ma anche per le figlie e per il marito. “Te lo offrono finché sei in ospedale, finché dura il trattamento, dopo non più e così cadi in un vuoto.“ E invece è proprio dopo, quando l’emergenza è finita e quando ricomincia la quotidianità che una persona avrebbe bisogno di maggiore sostegno. Oggi lo sa e vuole condividere le sue esperienze con chi deve ancora affrontare tutto questo.
Rita è riuscita a uscirne. E a uscirne bene. Si è rinfrancata, ha trovato la forza per tener testa alla malattia e al destino. E questa forza la vuole oggi trasmettere ad altre persone. Forte della sua personale esperienza ha deciso di impegnarsi nell’ambito dell’Assistenza Tumori.
“Quando incontro le persone non voglio, non devo raccontare la mia storia“, dice. “Devo invece saper ascoltare e devo rispondere alle domande che mi vengono poste. Devo fare delle domande.” Questa è la cosa più importante secondo lei: dare spazio alla persona colpita dalla malattia. Porla al centro dell’attenzione. Capire di che cosa ha bisogno, farle capire che si parla solo di lei e delle sue necessità.
La domanda è superflua. Finora solo donne hanno chiesto questo servizio. Tre hanno cercato il contatto con Rita Ploner nel primo anno di avvio di „malati per malati”. Gli uomini non vogliono far vedere che hanno bisogno di aiuto. Per paura? Per orgoglio? O semplicemente perché non ne sono capaci, prigionieri di se stessi? Chi lo sa... “Con due donne“, racconta Rita Ploner, “ho avuto solo dei contatti telefonici e questo mi dispiace. Sono stati dei colloqui intensi, ma via telefono non potrò mai arrivare dove arriva invece il contatto diretto.” Mettere una mano sulla spalla, guardarsi negli occhi, capire il linguaggio del corpo, leggere dai gesti. “Far vedere che ci sei e che capisci, anche senza parole.“ La terza donna che ha cercato il contatto con Rita abita nel suo stesso paese e allora hanno potuto incontrarsi.
Cinque anni fa, quando Rita ha vissuto la sua malattia non era ancora previsto un servizio del genere. Rita l’ha trovato ugualmente, in modo del tutto informale, in una donna incontrata per caso che ha vissuto anche lei la malattia e che ha saputo darle un sostegno, che le ha dato la possibilità di lasciarsi andare. Ogni storia di cancro è completamente diversa dall’altra, dice Rita, ma ci si capisce lo stesso.Rita Ploner, che fa anche parte del consiglio del circondario, oggi è una donna che ha ripreso in mano la propria vita. Lavora a tempo pieno. Condivide la vita con le sue figlie. E’ sicura di se. Non è soltanto in grado di capire, di ascoltare o di rispondere, è anche un esempio. Una donna ancora giovane, che ha superato il cancro e la crisi del dopo reagendo. E’ un esempio per chi vede tutto questo ancora terribilmente lontano.
“Malati per malati“ si chiama la rete creata dal circondario Val Isarco, fondata ancora dalla ex presidente del circondario e provinciale, Renate Daporta Jöchler, e presentata un anno fa. L’idea di fondo è semplice. Chi altro se non una persona che ha vissuto la stessa cosa può capire e può aiutare un malato alle prese con tutto quello che comporta la diagnosi di un tumore maligno? Per i contatti bisogna rivolgersi alla sede del circondario. Diverse persone che hanno superato la malattia si sono messe a disposizione per incontrare chi è all’inizio di questa strada in salita. La possibilità di incontrarsi magari in una stanza in sede e la preparazione dei volontari tramite un corso di psicologia del colloquio darebbe forse ancora più profondità a questa iniziativa. I colloqui sono del tutto aperti, ognuno è libero di parlare di tutto. Domande di natura pratica, che riguardano anche le disposizioni del diritto del lavoro o il regolamento dell’invalidità, problemi con la famiglia, con il partner, con i figli o come affrontare momenti di sconforto.
L’operazione, la chemioterapia, le paure, le speranze, i dubbi, la disperazione, l’euforia e il panico, fatica senza fine e combattività. Rita conosce tutto questo per averlo vissuto in prima persona. Il primo giorno di lavoro dopo la malattia, i capelli ancora cortissimi dalla chemioterapia, il marito ha lasciato casa e famiglia. Il matrimonio non ha retto allo stress causato dalla malattia. Rita Ploner, ancora debole, insicura, segnata dalla malattia da un giorno all’altro si è trovata da sola.
Da subito, da quando ha saputo della diagnosi è stata molto franca con loro, raccontando tutto e rendendole partecipi di tutto. “Oggi so che molto probabilmente era troppo per loro”, dice Rita. Se potesse fermare il tempo, se potesse tornare indietro oggi chiederebbe un aiuto psicologico, non solo per sé, ma anche per le figlie e per il marito. “Te lo offrono finché sei in ospedale, finché dura il trattamento, dopo non più e così cadi in un vuoto.“ E invece è proprio dopo, quando l’emergenza è finita e quando ricomincia la quotidianità che una persona avrebbe bisogno di maggiore sostegno. Oggi lo sa e vuole condividere le sue esperienze con chi deve ancora affrontare tutto questo.
Rita è riuscita a uscirne. E a uscirne bene. Si è rinfrancata, ha trovato la forza per tener testa alla malattia e al destino. E questa forza la vuole oggi trasmettere ad altre persone. Forte della sua personale esperienza ha deciso di impegnarsi nell’ambito dell’Assistenza Tumori.
“Quando incontro le persone non voglio, non devo raccontare la mia storia“, dice. “Devo invece saper ascoltare e devo rispondere alle domande che mi vengono poste. Devo fare delle domande.” Questa è la cosa più importante secondo lei: dare spazio alla persona colpita dalla malattia. Porla al centro dell’attenzione. Capire di che cosa ha bisogno, farle capire che si parla solo di lei e delle sue necessità.
La domanda è superflua. Finora solo donne hanno chiesto questo servizio. Tre hanno cercato il contatto con Rita Ploner nel primo anno di avvio di „malati per malati”. Gli uomini non vogliono far vedere che hanno bisogno di aiuto. Per paura? Per orgoglio? O semplicemente perché non ne sono capaci, prigionieri di se stessi? Chi lo sa... “Con due donne“, racconta Rita Ploner, “ho avuto solo dei contatti telefonici e questo mi dispiace. Sono stati dei colloqui intensi, ma via telefono non potrò mai arrivare dove arriva invece il contatto diretto.” Mettere una mano sulla spalla, guardarsi negli occhi, capire il linguaggio del corpo, leggere dai gesti. “Far vedere che ci sei e che capisci, anche senza parole.“ La terza donna che ha cercato il contatto con Rita abita nel suo stesso paese e allora hanno potuto incontrarsi.
Cinque anni fa, quando Rita ha vissuto la sua malattia non era ancora previsto un servizio del genere. Rita l’ha trovato ugualmente, in modo del tutto informale, in una donna incontrata per caso che ha vissuto anche lei la malattia e che ha saputo darle un sostegno, che le ha dato la possibilità di lasciarsi andare. Ogni storia di cancro è completamente diversa dall’altra, dice Rita, ma ci si capisce lo stesso.Rita Ploner, che fa anche parte del consiglio del circondario, oggi è una donna che ha ripreso in mano la propria vita. Lavora a tempo pieno. Condivide la vita con le sue figlie. E’ sicura di se. Non è soltanto in grado di capire, di ascoltare o di rispondere, è anche un esempio. Una donna ancora giovane, che ha superato il cancro e la crisi del dopo reagendo. E’ un esempio per chi vede tutto questo ancora terribilmente lontano.
“Malati per malati“ si chiama la rete creata dal circondario Val Isarco, fondata ancora dalla ex presidente del circondario e provinciale, Renate Daporta Jöchler, e presentata un anno fa. L’idea di fondo è semplice. Chi altro se non una persona che ha vissuto la stessa cosa può capire e può aiutare un malato alle prese con tutto quello che comporta la diagnosi di un tumore maligno? Per i contatti bisogna rivolgersi alla sede del circondario. Diverse persone che hanno superato la malattia si sono messe a disposizione per incontrare chi è all’inizio di questa strada in salita. La possibilità di incontrarsi magari in una stanza in sede e la preparazione dei volontari tramite un corso di psicologia del colloquio darebbe forse ancora più profondità a questa iniziativa. I colloqui sono del tutto aperti, ognuno è libero di parlare di tutto. Domande di natura pratica, che riguardano anche le disposizioni del diritto del lavoro o il regolamento dell’invalidità, problemi con la famiglia, con il partner, con i figli o come affrontare momenti di sconforto.